Cerca
Close this search box.

Radici negate: archeologia e politica nei territori palestinesi

Nei Territori Palestinesi Occupati, anche l’archeologia, nel corso degli anni, è divenuta uno strumento di esproprio, colonizzazione e controllo della terra da parte dello Stato di Israele.

I tre casi di Deir Sam’an, Silwan e Susyia raccontati in questa seconda serie di report prodotti da COSPE illustrano l’ampia pratica che Israele, con atti concreti, ha messo in atto in tutta la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est: acquisire il controllo sui siti archeologici e sulle attività archeologiche in maniera unilaterale, espropriando terra ed appropriandosi del patrimonio storico e culturale della popolazione palestinese. Agendo in piena violazione di diversi principi e norme del Diritto Internazionale, Israele ha così reso l’archeologia uno strumento attraverso il quale promuove una narrativa unica ed unilaterale, che legittima la colonizzazione dei Territori Palestinesi. 

Il popolo palestinese, separato fisicamente e psicologicamente dal suo patrimonio storico e culturale, viene pertanto privato, oltre che di risorse culturali, naturali, ambientali ed economiche, anche della sua stessa storia. In una situazione quale quella attuale, caratterizzata da un regime di colonialismo di insediamento e di occupazione militare che si protrae da più di cinque decenni, nel colpevole silenzio della comunità internazionale, continua la graduale ed inesorabile spoliazione di propri diritti del popolo palestinese ed allo sradicamento delle proprie radici.

Deir Sam’an: un sito archeologico in terra palestinese

Fares ad-Dik, professore universitario palestinese, ha ereditato dalla sua famiglia un appezzamento di terra a Deir Sam’an, nel governatorato di Salfit.

La proprietà situata su un piccolo altipiano, la cui sommità  nasconde un tesoro alquanto inaspettato: un sito archeologico di straordinaria bellezza, risalente all’epoca Romana e ricco, ancora oggi, di pavimenti mosaicati, basse mura, pozzi, colonne incise e capitelli decorati.

Deir Sam’an si trova nell’Area C della Cisgiordania, sotto il totale controllo di Israele, dove grandi colonie israeliane continuano ad espandersi, sottraendo terra alle comunità palestinesi circostanti e stringendo con una morsa che soffoca sempre di più il sito archeologico, già  danneggiato dagli ininterrotti lavori di costruzione nelle colonie.

Nel Settembre 2020, l’Amministrazione Civile Israeliana, un’unità militare che amministra le questioni civili nell’Area C della Cisgiordania, ha ufficialmente ed unilateralmente acquisito il controllo sul sito archeologico.

Per saperne di più:

Silwan: controllare il passato e il presente a Gerusalemme est

 Dall’inizio dell’occupazione militare di Gerusalemme Est nel 1967, seguita dall’annessione unilaterale, Israele ha utilizzato la pianificazione urbana come strumento di ingegneria demografica che ha avuto come risultato un crescente numero di coloni israeliani residenti nell’area. Infatti, a Gerusalemme Est, il Governo israeliano ha preso il controllo del 38% del territorio, precedentemente abitato o di proprietà di famiglie palestinesi, destinandolo alla costruzione di basi militari e di 11 insediamenti che nel 2021 contano una popolazione totale di 210 000 coloni, oltre ad un ulteriore 22% destinato alla creazione di quattro parchi nazionali. 

Il quartiere palestinese di Silwan, una delle zone più antiche e popolate di Gerusalemme Est situata ai piedi della Città Vecchia, rappresenta un perfetto esempio di questa politica di ingegneria demografica. Questo quartiere palestinese ha subito profondi cambiamenti in seguito all’intensa attività d’insediamento che ha alterato la sua demografia, con l’occupazione progressiva di terreni palestinesi da parte dei coloni israeliani. 

Per saperne di più:

Susiya: un piccolo villaggio palestinese tra il deserto e le colline

 Susiya è un piccolo villaggio palestinese nelle colline a sud di Hebron, adiacente all’ omonima colonia israeliana di Susya. L’insediamento israeliano, nato nel 1983, su circa 1800 dunums di terra palestinese, è stato costruito in parte sull’antico villaggio di Susiya, dove sono stati trovati resti di una sinagoga datata tra il III secolo DC e il IV secolo DC. Il ritrovamento di questa sinagoga ha portato all’espulsione della popolazione palestinese, mentre l’omonima colonia di Susya veniva costruita sulla terra espropriata: le famiglie si sono insediate poco lontane dalla colonia, nel villaggio di Khirbet Susiya.

Dal 2012, l’organizzazione Regavim ha iniziato una campagna per richiedere al Governo israeliano di demolire il villaggio di Khirbet Susiya, definendolo un “pericoloso avamposto palestinese che mette a rischio la sopravvivenza della colonia”. Una campagna internazionale ha permesso la sopravvivenza del villaggio palestinese, che però, oltre ad essere ancora sotto rischio di demolizione, è anche esposto ai continui attacchi e violenze della colonia vicino.

Per saperne di più: