Dall’occupazione della Cisgiordania del 1967, Israele si è appropriato di circa 2.000 chilometri quadrati per la costruzione e l’espansione di insediamenti, in un’accelerazione esponenziale negli ultimi quattro anni, che culmina oggi con l’approvazione di un piano di costruzione di 3.400 nuove unità abitative in un blocco che collega Gerusalemme Est e l’insediamento di Ma’ale Adumim, interrompendo di fatto la circolazione dei palestinesi tra la Cisgiordania settentrionale e meridionale.
“Chiedere lo stop immediato al commercio con gli insediamenti illegali – afferma Anna Meli presidente di COSPE, – è un atto dovuto di giustizia e di rispetto del diritto internazionale. Ma non basta. Perché laddove l’occupazione cancella diritti, terre e futuro, è fondamentale sostenere con forza l’economia di resistenza delle comunità palestinesi. Nei villaggi e nelle città della Cisgiordania vediamo ogni giorno come donne, giovani e cooperative sociali riescano, attraverso pratiche di economia sociale e solidale, a creare lavoro, mutualismo e dignità, pure in condizioni estreme. È questo per noi il cuore della ricostruzione possibile: COSPE ha infatti sostenuto e continua a sostenere progetti che promuovono agricoltura comunitaria, imprese sociali, produzione locale e filiere cooperative. Per questo il nostro impegno non si limiterà a denunciare ciò che è illegale: continueremo a investire e a difendere queste pratiche che rappresentano resistenza nonviolenta, giustizia e autodeterminazione per il popolo palestinese.”
Oggi ci sono più di 700.000 coloni israeliani e centinaia di insediamenti e avamposti che occupano illegalmente il 42% del territorio della Cisgiordania, insieme alla maggior parte delle risorse idriche della regione.
L’Unione Europea è il maggiore partner commerciale di Israele, con una quota di circa 32% del movimento totale di merci. L’Accordo di Associazione UE-Israele dispone che le merci israeliane godano di trattamento commerciale preferenziale, ad esempio la riduzione o eliminazione dei dazi.
L’esercito israeliano ha istituito oltre 800 checkpoint e costruito un muro di separazione che penetra in profondità nel territorio palestinese, limitando ulteriormente il movimento della popolazione e l’accesso ai servizi essenziali.
Le voci ed i volti delle storie che presentiamo raccontano di diritti negati, ma anche di storie di resilienza in Palestina. Una resilienza non-violenta con profonde radici nel passato, ereditata da padri e nonni, praticata nel presente, e proiettata nel futuro attraverso le nuove generazioni. Abbiamo raccolto i dati e le storie attraverso diversi progetti.
Con il progetto Terra e Diritti siamo riusciti a elaborare 3 serie di rapporti realizzati tra il 2019 e il 2021 che raccolgono e denunciano le violazioni dei diritti fondamentali perpetrati dallo Stato di Israele sulla popolazione palestinese, con specifico riferimento al diritto alla terra, all’accaparramento di risorse naturali, alla libertà di movimento, al diritto alla salute, all’accesso al lavoro.
Alcuni luoghi possono essere paradossali. Soprattutto nei territori palestinesi dove le politiche di occupazione di Israele stanno lacerando la terra e disgregando il popolo palestinese.
Nei Territori Palestinesi Occupati, anche l’archeologia, nel corso degli anni, è divenuta uno strumento di esproprio, colonizzazione e controllo della terra da parte dello Stato di Israele.
Diritto all’acqua, all’ambiente e alla salute nei territori palestinesi occupati
Grazie al progetto Gender equality possiamo raccontarvi delle delle donne e associazioni di donne che si impegnano quotidianamente per l’affermazione dei propri diritti, delle donne cosiddette “apripista” che combattono ogni giorno per liberarsi del fardello delle aspettative sociali, seguendo le proprie passioni e aspirazioni
Secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese (PCBS), nel 2020 solo il 16% di tutte le donne in età lavorativa nei Territori palestinesi occupati (oPt) ha partecipato alla forza lavoro, rispetto al 65% degli uomini.
Factsheet in inglese
Il diritto al lavoro è un prerequisito per il raggiungimento degli altri diritti umani, in quanto parte integrante della dignità umana.
Il diritto al lavoro è sostenuto da tutti i framework internazionali sui diritti umani.
Factsheet in inglese.
I dati, supportati da prove e statistiche ufficiali, in particolare dall’indagine sulla disabilità condotta dall’Ufficio centrale di statistica palestinese (PCBS), rivelano una dura realtà per le persone con disabilità.
Factsheet in inglese.
Infine a Gaza con il progetto Re Act abbiamo raccolto le voci delle persone con disabilità, acquisita durante eventi traumatici, che eraccontano i loro percorsi verso l’autonomia e il benessere psicosociale loro e delle loro famiglie.