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Sete di libertà: diritto all’acqua, all’ambiente e alla salute nei territori palestinesi occupati

Nei Territori Palestinesi Occupati, anche il tema dell’acqua si inserisce nella cornice di colonizzazione e controllo del territorio da parte dello Stato di Israele.

I due casi di Bruqin e Wadi Qana raccontati in questa terza serie di report prodotti da COSPE illustrano un fenomeno diffuso in tutta la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, e sottolineano l’impatto dell’espansione di colonie e avamposti, illegale secondo il Diritto Internazionale, sulla qualità dell’ambiente circostante e in particolare sulle risorse idriche di superficie e sottosuolo. Inoltre, le sistematiche e diffuse pratiche di sversamento di acque reflue e contaminate da tali insediamenti rappresentano fattori di rischio ambientale, igienico e sanitario per la popolazione palestinese residente, oltre a compromettere la produttività dei terreni.

In queste aree, rese insalubri e inospitali, spesso l’unica risposta a disposizione dei residenti è l’abbandono delle proprie case e delle terre, in violazione così dei diritti fondamentali dei palestinesi, quali per esempio l’autodeterminazione e l’accesso a risorse naturali, ambientali ed economiche. Questa situazione, caratterizzata da un colonialismo di insediamento e di occupazione militare che si protrae da più di cinque decenni, nel colpevole silenzio della comunità internazionale, continua la graduale spoliazione di propri diritti del popolo palestinese, e lo sradicamento delle proprie radici.

Terra inquinata:
lo sversamento delle acque reflue nel villaggio di Bruqin

Masa ha appena compiuto cinque anni. Da poco la sua famiglia si è trasferita nella loro nuova casa, nonostante fosse ancora in costruzione e mancassero ancora i muri al primo piano. I suoi genitori, però, non hanno avuto altra scelta.

La famiglia di Masa vive a Bruqin, un villaggio palestinese nel governatorato di Salfit, situato a nord della Cigiordania. La loro vecchia casa era stata costruita nella valle di Al-Matwa, un’area fertile e verde, perfetta per far crescere dei bambini ed una famiglia, ricorda Mai, la madre di Masa. “Dal 2015, le condizioni di vita nella nostra vecchia casa sono diventate insopportabili”.

Un ininterrotto flusso di acque di scarico provenienti dalle vicine colonie e dai complessi industriali israeliani di Ariel e Barkan e riversati nella valle di Al-Matwa per anni hanno reso l’ambiente insalubre e di fatto invivibile.

La costante presenza di mosche e di altri insetti, il cattivo odore, il continuo flusso di acque di scarico nelle terre coltivate vicine, l’inquinamento dei terreni, la morte delle piante hanno avuto un forte impatto negativo sulla qualità della vita e sulle condizioni di salute dei cittadini di Bruqin e dei membri della famiglia di Masa, spingendoli a lasciare la propria casa e le terre circostanti. E non sono stati gli unici.

La loro storia, in realtà, rappresenta una situazione diffusa in diverse zone della Cisgiordania, un destino che accomuna moltissime altre famiglie e comunità e che racconta di violazioni dei diritti umani fondamentali di un’intera popolazione.

Per saperne di più:

Wadi Qana:
un’oasi circondata da colonie ed avamposti

Parte del Governatorato di Salfit nel nord della Cisgiordania, Wadi Qana è una valle fertile, ricca di risorse naturali, situata nei pressi del villaggio palestinese di Deir Istiya. Si estende per 1.400 km², 229 dei quali in Cisgiordania, con una popolazione di quasi 180.000 palestinesi e più di 58.000 coloni israeliani. Un tempo luogo di floride attività agricole; oggi, a seguito dell’occupazione militare israeliana dei Territori Palestinesi, pochissimi agricoltori palestinesi sono attivi nell’area.

La presenza e l’espansione di colonie e avamposti israeliani intorno a Wadi Qana ha avuto un impatto estremamente negativo sulla qualità e la quantità di acqua disponibile per le comunità palestinesi nell’area. Infatti, da un lato, le autorità israeliane hanno attinto alle fonti d’acqua per servire le comunità di coloni in continua espansione, mentre, dall’altro, hanno distrutto il sistema di irrigazione usato dai palestinesi. Inoltre, le falde acquifere sono state pesantemente contaminate dalle acque reflue, scaricate dalle colonie direttamente sulle terre palestinesi.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (UN-OCHA), l’istituzione di un sito turistico e di una riserva naturale da parte delle autorità israeliane hanno impedito qualsiasi sviluppo delle attività delle comunità palestinesi, favorendo la costruzione e l’espansione di infrastrutture e servizi ad uso esclusivo dei coloni e dei cittadini israeliani.

Molte famiglie palestinesi sono state, quindi, costrette a lasciare la valle, private dei loro diritti fondamentali, tra cui l’inalienabile, permanente e incondizionato diritto all’autodeterminazione.

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